Non è da passare dimenticato a questo proposito lo zelo che mettevano i consoli delle maestranze a mantenere illese le loro prerogative, giacchè fu veduto in tale circostanza un Mercurio Tortorici, console della Kalsa o de’ pescatori, recarsi a far esaminare le scritture del suo consolato dal consultore Diodato Targiani, e cedere i cannoni de’ baluardi commessi alla custodia de’ suoi, quando fu certo che il cederli non offendeva alcun dritto risultante da autentici documenti.
      E perchè non solo allo abbellimento della città, ma ben anche all’utile della rendita comunale si convertissero i deserti baluardi e le circostanti fossate, concedevansi a censo ai privati, onde fu che si videro sorgere comode abitazioni e giardini dove una volta si irruginivano oziosi cannoni, e, stagnando, imputridivano le acque.
      Ma quello che a questo tempo riuscì di maggiore gradimento al pubblico fu l’amena villa simmetrica, che sulla spiaggia meridionale di Palermo sorse per opera e cura del benemerito pretore Regalmici, alla quale fu dato il nome di Giulia per far cosa grata al Colonna, la cui moglie era Giulia d’Avalos. Il principe di Paternò con signoril splendidezza dotavala di once 50 annue, perchè si aggiungesse all’amenità del sito il brio della musica.
      A 15 febbraro 1775 intanto veniva assunto al ponteficato Pio VI, sicchè si videro in Palermo in tre mesi le cerimonie de’ funerali di papa Ganganelli, le preci per la elezione del successore, e le sacre feste per lo innalzamento di questi.
      Era giunta però al colmo la profusione de’ magnati nella pompa delle funebri esequie; esistevano già leggi egli è vero che prescrivevano un limite a tal fasto indiscreto, ma o non efficaci all’oggetto o non osservate.