Oltre quello della peste che dal levante minacciava sempre i porti di Europa e principalmente quei di Sicilia che stava di mezzo, si avea un altro pericolo sempre a temere nei movimenti commerciali dalle piraterie de’ barbareschi. Mettersi in mare anche pel più breve tragitto era gravissimo rischio; e ben ne fecero esperienza tristissima due nobili della famiglia Abate, che vennero in quest’anno predati dagli Algerini nelle acque di Majorca, ancorchè il legno sul quale navigavano fosse dalla bandiera imperiale coverto. Tratti schiavi ad Algieri, fu giudicata buona la preda, ed ebbero per qualche tempo quei due sventurati a patire i disagi della più dura schiavitù, benchè non abbandonati di aiuti dal console di Portogallo che si adoprò umanamente in loro favore. Ma ciò che valse loro finalmente la libertà, si furono i reclami della corte imperiale presso il sultano; il quale impose al dey di Algieri, che fosse restituita la nave, non che i passaggieri e le merci, che stavan sotto la protezione dell’aquila imperiale.
      Non va dimenticato in fine di questo capitolo un caso, non insolito a quei tempi, ma pure di qualche interesse per la illustre condizione delle persone che vi ebbero parte. Sulla spiaggia del mare, innanzi Porta Felice, vennero per causa di non grave interesse a rissa il duca della Grazia e il principe Villafiorita. Quest’ultimo, già capo della famiglia Buglio insultato dall’altro erede della famiglia Lucchesi Palli, sguainando la spada, venne alle vie di fatto e lo bastonò; ma il duca della Grazia più giovine e forte della persona, ghermito il Villafiorita, rovesciollo in mare.