Avea pertanto il re sin da luglio 1780 [662] nominato a vicerè Domenico Caracciolo marchese di Villamaina de’ principi di Avellino. Questo illustre personaggio, chiaro non meno per la svegliatezza dell’ingegno che per la nobiltà della sua prosapia, sosteneva il decoro della nostra corte da ambasciatore a Parigi. Richiamato quindi da quella splendida residenza, movea egli finalmente per Sicilia, e giungeva a Palermo a 14 ottobre 1781.
Gli amici veri del pubblico bene aprivano il cuore alle più belle speranze, essendo pur troppo noti i talenti e gli studî del nuovo vicerè, il quale erasi anche praticamente istruito delle cose del mondo e ne’ suoi viaggi, e nel conversare degli uomini più rinomati del tempo, e nella sua residenza in Francia, centro allora di ogni sapienza. Ma fra i nostri aristocratici quelli che vedevano alcun poco nell’avvenire conobbero ben presto quanto fosse pericoloso a’ loro interessi l’arrivo di un uomo di quella tempra, qual era il Caracciolo. Ciò non ostante videsi in Palermo festeggiato con le formalità d’uso lo sbarco del novello vicerè; ma perchè fosse la sua venuta segnalata da un atto energico del governo, toccò a Caracciolo lo esercitare quel rigore che pose termine al piato tra le due famiglie Burgio e Lucchesi, di che fu parola nel precedente capo.
Quanto avverso si fosse a’ principî d’ogni civile economia l’uso del prezzo e peso fisso del pane, oggi non è più problema a risolvere; ma oltre al danno economico, aveavi in questo una catena di tristi conseguenze, che ora rovinavano l’interesse comunale, ed ora davano motivo alla plebe di dolersi del caro prezzo del pane, come se il senato di Palermo fosse in facoltà di creare in ogni anno quell’abbondanza che è solo in mano della natura e di Dio, o, se si vuole, degli uomini, non certo di un senato qualunque, ma dell’industria e dei vizî degli agricoltori.
| |
Domenico Caracciolo Villamaina Avellino Parigi Sicilia Palermo Francia Caracciolo Palermo Caracciolo Burgio Lucchesi Palermo Dio
|