Il vicerè pertanto dava il primo passo alla riforma del sistema annonario della capitale pubblicando un bando (2548), col quale abolivasi il prezzo e il peso fisso del pane, dovendosi in ogni anno, secondo l’abbondanza o la scarsezza de’ ricolti, regolar l’uno e l’altro, dopo i preventivi scandagli.
La debolezza de’ precedenti vicerè avea patito che le diverse autorità drizzassero direttamente alla corte le loro rappresentanze, e ciò con grave discapito dell’autorità viceregia, e togliendo così al governo dal re stabilito in Sicilia quell’unità ed energia che potean sole assicurare il bene del paese. E però il Caracciolo pubblicava il 16 dicembre 1781 il reale dispaccio (2549), che richiamava in vigore, in termini positivi, l’antica osservanza di non potersi da qual che si fosse magistrato umiliare rimostranze al sovrano se non per organo del vicerè, ed a suggello alzato, siccome dicevasi.
Lo spavento che aveasi delle piraterie barbaresche teneva impedita, con danno gravissimo del commercio, la libera navigazione della nostra bandiera. La Sicilia, piccolo reame, non pativa sola gl’insulti di tal ladroneccio, vergognosamente tollerato anche dalle più grandi potenze di Europa, nè poteva essa quindi estirpare il male dalla radice, siccome avrebbe dovuto e potuto fare l’unanime consenso delle potenze di primo ordine. Pure il solo re delle due Sicilie con generoso animo pensava a qualche provvedimento, che tutelasse in qualche parte almeno la sicurezza della nostra mercantile marina.
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