Alle parole mormorate nelle conversazioni successero indi a non molto satire scritte, cartelli derisorî; un marchese di s. Lucia ed altri nobili furono tenuti autori di queste satire, e il s. Lucia, forse più degli altri denunziato, ebbe a soffrirne qualche mese di detenzione in castello.
E pure non erano stati questi i provvedimenti viceregî che avessero toccato maggiormente sul vivo la prepotenza de’ nobili. Presentiva il Caracciolo i clamori che sarebbero sorti nel metter freno agli abusi della mano baronale, nè ristavasi per questo dal farlo. Voleansi da’ feudatarî assolutamente servi della gleba i vassalli; e dove eransi questi emancipati per provvidenze sovrane da qualche intollerabile servitù, insorgevano tosto essi con quanti mezzi si aveano a tornarli sotto il giogo. Godeano già i vassalli del dritto di vendere la fatica delle loro braccia dovunque trovassero migliore condizion di salarî; questa libertà toccava le borse dei feudatarî, i quali pretesero che non fosse permesso a chiunque di recarsi a coltivare le terre fuori territorio se prima non fossero state coltivate quelle di dentro. L’affare cadde in mano alla giunta de’ presidenti, che manifestò parere favorevole a’ baroni; ma il Caracciolo sostenne le parti del contadino, che restò libero di versare il sudore della sua fronte sulle zolle che più gli convenissero (2552).
[664] È prova del senno che dirigeva la mente del sovrano il vedere come sostenesse egli sempre il vicerè in quei provvedimenti che toccavano apertamente la pubblica utilità; mentre d’altra parte, quando trattavasi di privilegi innocui, spesso mostravasi indulgente verso le classi che possedeanli.
| |
Caracciolo Caracciolo
|