Ma finalmente ritiratisi i fuorbanditi fuori porta di Vicari, non vi fu chi si attentasse più d’inseguirli, se non che un giovinetto a 17 anni che tentava spiarne i passi, e che, colpito al petto da una palla, vi restò morto. Il terrore del ritorno di quei facinorosi invase gli animi di tutti, e per più notti si tennero chiuse le porte della città, lasciando aperta soltanto quella che mette alla marina, perchè la gente goder potesse della solita passeggiata serotina lungo il mare, e ricrearsi dagli estivi calori. Parve a molti risibile un tale provvedimento, e ne fecero pubblica manifestazione di fischi e di baie. Dopo qualche tempo non fu inteso a parlare de’ marmorari; corse voce che il principe di Pietraperzia, prendendoli a proteggere, avesse loro procurato un imbarco. Il fatto fu ch’essi passarono in Calabria, sperando tenersi occulti sotto la protezione di un barone di quelle contrade; ma questi negò loro ricovero, ed eglino ripassarono in Sicilia; ove, sorpresi infelicemente da pochi uomini di una delle compagnie d’armi, caddero in mano della giustizia. Tradotti a Palermo, sotto la giurisdizione del capitano giustiziere, ebbero a patire tutti quei tormenti che il risentimento suggeriva, e la barbarie delle procedure criminali allor tollerava. Non fu estorta pertanto nè a’ fratelli Palazzo nè al Pampinella la confessione di un solo delitto. Il processo che si raccolse monco ed informe bastò a’ giudici della corte capitaniale per pronunziare contro tutti e tre sentenza di morte.
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