Ma non potea sfuggire lo stratagemma agli sguardi di un governo che voleva ad ogni modo compressa la feudalità; e però fu veduto un magistrato presentarsi alla marchesa di Geraci, stando allora assente il marito, e comunicarle sovrane disposizioni, per le quali inibivasi ai Ventimiglia di ostentare il fasto del Dei gratia. La rispettabile marchesa, in cui andava congiunto alla nobiltà del sangue il senno di prudente sposa e di ottima madre, rispondeva gravemente in sensi che mostravano ubbidienza e devozione ai sovrani comandi. Faceasi manifesto per questo esempio come fossero cangiati i tempi, e come il feudalismo già piegava in Sicilia a quel decadimento che doveva accelerarne la perdita.
Ed ecco già un’altra occasione di disputa più rilevante. I disastri avvenuti pel terremoto di Messina e delle Calabrie diedero occasione al governo di convocare un parlamento straordinario, che fu aperto a 30 giugno del 1783 e conchiuso a 2 luglio del seguente mese. Il vicerè espose nel suo discorso di apertura, letto da lui personalmente, i bisogni dello stato, e chiese il donativo di scudi 400 mila pagabili in quattro anni; circa però al modo di distribuirne la [671] imposta a’ contribuenti, si espresse in modi aspri verso i baroni, ch’eran soliti farne gravitare il maggior peso sopra le università. Parve duro quel linguaggio ai baroni; ma si ebbe la prudenza, nella risposta che fu fatta per bocca dell’arcivescovo, di non dir cosa che toccasse quella novità. In tutto il resto il parlamento esternò il suo consueto zelo in occorrere ai bisogni dello stato, e non solo votò il chiesto donativo, ma disse che ne avrebbe altri aggiunti, se la penuria dei tempi lo avesse conceduto.
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