E un altro bando dello stesso mese ordinava a’ sindaci di non dar conto di loro amministrazione che al tribunale del patrimonio, mentre credevansi i baroni in dritto di pretendere ad essi loro devoluto un tal privilegio.
Nè era solo intendimento del Caracciolo lo alleviare i popoli dall’oppressione baronale, ma voleva ancora per tutti i versi ridurre gli uomini a quella uguaglianza che è comportabile in un governo monarchico moderato. E però, siccome lo vedemmo ardentissimo nella soppressione dello eccezionale magistrato della inquisizione, e nel rialzare la forza e la dignità de’ magistrati ordinarî, così lo vedremo ora (2566) abolire il foro ecclesiastico in ciò che riguardava la proprietà e i dritti civili del clero, riserbando soltanto alla potestà de’ vescovi quanto poteva avere riguardo alle persone degli ecclesiastici.
Erano soliti abusivamente i baroni estendere le facoltà del mero e misto impero non che alla elezione de’ capitani e de’ giudici che amministravano giustizia ne’ comuni, ma ancora a quella de’ sindaci e de’ giurati che doveano amministrare i beni comunali, quasi sempre in opposizione a quelli del feudatario. In che modo il facessero persone elette a quell’ufficio da’ baroni medesimi, non fa mestier che si dica; e però un bando del vicerè (2567) limitava il dritto di tali elezioni a quei soli signori di feudi, che potessero giustificarne una speciale concessione sovrana sopra titoli autentici.
Fu poi nel 1785 che acquistossi il Caracciolo un giusto titolo alla generale benevolenza de’ Siciliani in occasione della grande carestia di pane, che minacciò ed afflisse l’isola intera.
| |
Caracciolo Caracciolo Siciliani
|