E perchè si abbia un’idea di quali uomini si componesse allora il consiglio del re, sarà bello il ripetere le stesse parole ch’eran l’esordio, per così dire, della legge.
“La pietà del re, nostro invittissimo sovrano, sempre intento al vantaggio spirituale e temporale de’ suoi fedelissimi vassalli, ed a conservare nell’ordine monastico l’osservanza della regolare disciplina, avendo presente il grave sconcerto, e l’enorme scandalo che apportano allo stato ed alle chiese i piccoli conventi de’ regolari, chiamati dal sommo pontefice Innocenzo X, nella sua bolla instaurandae, asilo di facinorosi, piccole volpi che devastano la vigna del Signore, ed il fermento che corrompe tutta la massa, volendo perciò segregare dallo eletto frumento la trista zizania, ha risoluto mettere in pratica quello stesso rimedio, che a tanto male hanno adattato altre volte i sommi pontefici.”
Avea, nel suo breve governo, il presidente del regno De Fonsdeviela intrapresa una strada alberata che dalla pieve di s. Lucia al Borgo conduceva al Molo; e trovandosi in quest’anno 1786 in Napoli, con lodevole esempio, adoprossi presso il re e i suoi ministri, perchè fosse portata a compimento l’opera incominciata.
Si erano già istituite in Napoli le scuole di elementari insegnamenti col metodo normale, avendo spedito prima in Germania uomini intelligenti che se ne istruissero. Ora volendo il re trapiantare in Sicilia quel nuovo metodo elementare, ordinò che da’ maestri di Napoli fosse comunicato al canonico Giovanni Agostino De Cosmi catanese, e questi fu ben tosto in istato di arrecare tra noi quel nuovo beneficio.
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