Dopo gli avvenuti cangiamenti straordinarî del ministero di Napoli, aspettavansi altre novità che ne doveano essere la conseguenza. In Sicilia, con maraviglia di tutti videsi esonerato dalla sua eminente carica il presidente di giustizia marchese Stefano Airoldi. Corsero molte e diverse voci sulle cause di quella esonerazione, e del divieto che accompagnollo di non potere lo esonerato condursi in Italia, dove altri suoi interessi di famiglia poteano chiamarlo. Chi diceva una cosa, chi un’altra, chi attribuivagli delle colpe nello esercizio del suo impiego, chi lo disse caduto in conseguenza della caduta del ministro che lo avea promosso, chi accusavalo del fasto della gran villa da lui eretta nella campagna de’ Colli; chi compiangealo, come vittima di occulti nemici, chi ricordava con pena le sue virtù di magistrato, chi i difetti; e veramente se egli non fu l’uomo del tutto incolpabile nello esercizio della sua carica, non andò pertanto privo di lodevoli qualità pubbliche e private.
In Napoli si aveano pure motivi di fantasticare sullo allontanamento dalla corte della dama di onore la principessa di Aci, cui fu imposto, in confino, Sorrento. Ma dopo qualche tempo si ebbe sentore ch’ella si fosse evasa, adducendo seco, sopra due legni mercantili, la sua gente, i suoi mobili, la sua splendida supellettile, e denaro e gioie, che ne avea a ribocco, quanto in somma poteva aver pronto nel suo esilio. Spedivansi all’istante due galeotte da Napoli ad inseguirla, che la raggiunsero sulla costa romana, e la tradussero a Napoli.
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