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      Il fiore della nobiltà vi accorreva, e le più distinte persone di ogni [680] ceto, brulicando dappertutto e barche e cocchi, e numero grande clamoroso di sfacendati e di servi. Così è il popolo, in un giorno abbandonasi spensierato alle orgie, a’ stravizî, immemore delle sventure che lo hanno poco prima agitato. Era stato nell’anno precedente il Molo teatro di scene sanguinose, allorchè tentarono evadersi dall’arsenale i forzati. La vigilanza del governo, i rigori della giustizia repressero sul nascere, punirono aspramente l’attentato di quei facinorosi là chiusi al numero di più di quattrocento, e non era stata minore la calca dei curiosi di quella che l’anno appresso era accorsa alle feste delle galere maltesi.
      Sia che si eriggessero a riformatori di abusi, sia che carezzassero i pregiudizî popolari e le prerogative de’ grandi, eransi sempre veduti, da Carlo III in poi, vicerè diversi da quelli mandati a reggere i regni delle due Sicilie nei tempi della dominazione spagnuola. Doveano questi sempre, poco più poco meno, pesare su i popoli dati loro a governare per venire in soccorso delle guerre sempre rinascenti della Spagna contro gli altri potentati di Europa; ma dopo la pace di Utrech, liberati dal durissimo stato di provincie i due regni, ebbero governanti non stranieri, e spediti da lontane regioni, da’ quali tutto il bene che potea sperarsi era un’oppressione indistinta sulle persone di ogni ceto e condizione. Vedemmo già come i vicerè Colonna e Caracciolo avessero arricchito il paese di opere pubbliche e di buone istituzioni, ed ora vedremo il Caramanica spendere anche del proprio per abbellir il teatro s. Cecilia e ingrandirne il palco scenico.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
Appendice - Indici - Note
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1333

   





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