Riuscirono nette le prove del processo a carico della Bonanno, che sosteneva non avere ad altro mirato con quella sua droga infernale che a dar pace [685] alle discordanti famiglie. Di quelli che ne usarono molti furono chiariti innocenti della intenzione di nuocere, non conoscendo i tristi effetti dell’aceto, ma credendolo bensì proprio a spegnere gli amori e le gelosie di ch’erano tormentati. Però di quanti furono implicati in quel grave processo la sola vecchia subì pena capitale, e un’altra donnaccia che le facea da mezzana fu mandata ad accompagnarla al patibolo con la fune al collo, prima di andare ad occupare la sola stanza che le conveniva in galera. Gli altri, chi più chi meno, ebbero minori condanne e diverse.
      Le clamorose e splendide feste di s. Rosalia furono in quest’anno simili alle altre; fu solo da notare un piccolo avvenimento che turbolle un breve tempo e fu causa che s’immutasse alcun che nella condotta della gran macchina che è il carro trionfale della diva. Veniva tirato per lo addietro il carro da muli che non sempre erano i migliori, anzi, per l’avarizia di chi dovea provvederli, i più logori e vecchi. Giunta la macchina al piano della marina dove il cassaro comincia alquanto a salire, non vi fu flagellazione che bastasse a far più muovere un passo a quelle povere bestie. Batteva già la mezza notte ed il carro rimanea lì piantato ad impedire il passaggio. Si pensò sostituir bovi a’ muli, chè non poteasi far altro; ma qui sorse un altro ostacolo, le avverse pretenzioni del guidarli tra i cocchieri e i proprietarî de’ bovi; la disputa passò dalle parole a’ fatti; furono date e risposte busse e legnate; i cocchieri ne toccarono la miglior parte; il campo restò vinto a’ bovari che fecero trascinare il carro lungo tutta la via Toledo; e da quell’anno in poi, salve poche eccezioni, i bovi acquistarono l’onore di andare aggiogati sotto il carro trionfale della nostra diva patrona.