Secondo la relazione che ne scrisse ei medesimo, e che fu confermata da’ contemporanei, il vento parve che lo portasse sulle prime alla volta de’ monti, poi l’avviò verso il mare. La sua maggiore elevazione fu di quattro miglia circa; e scese finalmente in mare, a venti miglia dal porto di Palermo. Due ore egli spese all’aereo viaggio; il resto del tempo sino alle cinque pomeridiane, in cui fu veduto di ritorno nella via Toledo, fu da lui impiegato al viaggio marittimo fatto nella sua barchetta trascinata dal pallone verso terra, e nelle barche occorse a prestargli ajuto. Fu questa la sua quattordicesima ascensione; ed ebbe molto a lodarsi della generosità del vicerè, de’ nobili, di tutti i monasteri, del popolo, sempre ammiratore delle audaci imprese; fra le quali questa la più audace di tutte nel tempo de’ suoi primi esperimenti.
Va ricordata negli anni del governo di Caramanica la solenne impostura del maltese abbate Vella, il quale, profittando delle estese cognizioni storiche dell’insigne monsignor Airoldi, ed anche della sua buona fede, tramutò un manuscritto arabo della biblioteca di san Martino, ch’era una semplice raccolta di lettere insignificanti, nel suo famoso codice diplomatico arabo-siculo. Ma ebbe in quel tempo un grand’uomo la Sicilia, e fu Rosario Gregorio; che sospettò dell’impostura, e durò fatiche enormi a chiarirla. [686] La grandezza e l’importanza della cosa, la generale ignoranza della lingua araba, la somma audacia del Vella, sostenuta dal nome del tradito monsignor Airoldi, gli avvisi di stranieri arabisti che giudicavano non sul codice, che l’impostore tenea nascosto, ma sulle carte che questi dava loro a vedere, resero assai lungo e dubbio il trionfo della verità e del Gregorio.
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