Si uniformò il parlamento alle proposte del re riconfermando tutti i donativi ordinarî e straordinarî, triennali e novennali; e perchè il re volea che prima di terminarsi la lunga opera del catasto fossero di qualche cosa provvisoriamente alleviate le università, così i baroni di accordo con gli ecclesiastici si addossarono il pagamento di scudi ottantamila, da far diminuzione alla parte de’ contributi dovuta dalle università. Anzi perchè queste godessero di un alleviamento maggiore riproposero lo appalto del tabacco, che dovea far cessare il donativo che pagavasi in surrogato. Piacque al re questa condiscendenza del baronaggio, e ne esternò loro il suo sovrano gradimento. Si leggerà forse con piacere qui sotto una lettera confidenziale scritta da Ferdinando al suo primo ministro in Napoli (2577). Quattro [687] grazie avea chiesto il parlamento del 1790; 1° la conferma del vicerè, 2° la libertà di fondar terre e popolazioni novelle anche sulle spiagge dell’isola, e senza ricorrere a colonie straniere; 3° che si rimettessero allo esame della giunta di Sicilia quei regolamenti che si credeano riusciti poco utili al paese; e 4° finalmente che nel consiglio di Napoli delle finanze sedesse un ministro siciliano della giunta di Sicilia. Alla prima domanda il re rispondea, come al solito, che sarebbesi determinato a risolvere il conveniente all’opportunità; rimettea la seconda allo esame della giunta di Sicilia; approvava la terza, ed era questo un dare speranza a’ baroni di riacquistar qualche cosa delle prerogative perdute; la quarta domanda o grazia non era nè rifiutata nè accolta, dichiarando il re che avrebbela tenuta in considerazione quando ne sarebbe sorto il bisogno.