Intanto nello stesso anno ebbero i baroni di Sicilia a lodarsi di un provvedimento (2578) che paralizzava gli effetti delle provvidenze anteriormente emanate contro i dritti proibitivi. Mentre spirava sinistro il vento a’ baroni erasi vietato lo esercizio di quei dritti proibitivi che non erano espressamente dichiarati nelle concessioni de’ feudi; ora che spirava secondo, voleasi che i baroni non fossero molestati nello esercizio di tali prerogative, comunque possedute, se prima non si fossero percorse da’ vassalli tutte le formalità de’ giudizî. La qual cosa importava che, non avendo il debole mezzo di sostenere la sua ragione, riteneva il potente quanto avea, sia che ne avesse o no il dritto espresso nelle concessioni feudali.
      Erasi commessa da alcuni anni addietro una statua in marmo dal senato di Palermo allo scultore Marabitti, all’oggetto di ornarne il foro borbonico. Lo artista avea già portato il suo lavoro a compimento; ma volendo il Gargano segretario del governo apporvi una sua molto prolissa iscrizione, e non incontrando questa il gusto de’ dotti del paese, non si dava alcuna premura d’innalzare questa statua. Il pretore però Bernardo Filangieri conte san Marco, che non volea abbandonare la carica senza farsi il merito di lasciare un’opera pubblica che ricordasse il suo nome, non mettendo in mezzo altro tempo, un bel mattino fece, senza le solite formalità, trovare in piedi la statua al luogo destinato con la iscrizione lunghissima del Gargano nel piedistallo.
      Una molto lodevole ed opportuna disposizione (2579) onorò il governo di Caramanica, e fu quella di non permettersi professione di voti monastici prima di aver compiti gli anni ventuno, mentre sino a quel tempo bastava aver compito a chi volea monacarsi i sedici anni.