Il primo strumento delle sue fraudi fu la bella moglie da lui messa a prezzo; ma non era il Cagliostro uomo a trarre da tanta infamia un miserabile pane amareggiato dal disprezzo, che è tutto quanto ne ritraggono i vili volgari. Ogni piccolo intrigo della bella moglie era siffattamente ordito da procacciargli grandi ricchezze e considerazione di persona di altissimo affare. Alla seducente bellezza della moglie aggiunse egli indi a poco la massoneria che allora più che mai ingagliardiva, e nella quale un uomo della tempra del Cagliostro dovea giungere ben presto a’ gradi più eminenti. Con tai mezzi non vedeva mai alcun paese d’Europa dove non trovasse a mescolarsi con gli uomini più influenti, e ad avere facile accesso sin anco nelle corti, non essendo già egli più il semplice Giuseppe Balsamo o Cagliostro, ma il conte Cagliostro. Ricco com’era di fisiche e chimiche conoscenze, i paesi più rozzi erano quelli che aprivano campo più vasto alle sue disoneste conquiste. Ma non per questo passava egli inosservato nelle capitali più culte, chè Londra e Parigi pagarono anch’esse il loro tributo a questo principe insigne della furberia. Atterriscono però il pensiero le immanità da lui commesse tra i Turchi e in mezzo a popoli di più ingenui costumi. Fu creduto profeta in più contrade, si pensò di farlo re in Curlandia, e si giunse a ritrarne l’effigie sulle monete. Vantavasi di poter operare la rigenerazione fisica e morale dell’uomo, di restituire alle belle donne il fiore della lor prima giovinezza; e furon molte le vittime di credenza sì folle.
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