Intanto mentre più infierivano queste fisiche sventure per l’isola tutta, Palermo fu anche moralmente amareggiata della morte del suo buono e benefico pastore, l’arcivescovo Sanseverino. Questo esemplare e non comune modello di cristiane virtù, tolto quanto bisognava all’apparente decoro del suo grado, tutto versava il suo pingue patrimonio a pro de’ poveri e della chiesa. Larghissime furono le limosine da lui dispensate, grandissima la beneficenza ne’ suoi familiari, che [690] volle egli perpetuare nelle sue disposizioni testamentarie; e spese nel ristauro del duomo sino a scudi ottantamila, e lasciò quel denaro che bisognava alla costruzione dell’altare maggiore. Volle che il commessogli ovile seguisse i puri dettami del vangelo, ma lo volle non con aspri modi di zelo indiscreto, sibbene con la dolcezza delle insinuazioni, e con la forza vincitrice dello esempio; fu perciò amato da tutti; il rispetto lo circondò in vita, il pianto lo seguì al sepolcro. Ne furono magnificentissime le esequie, quali si convenivano a un arcivescovo di Palermo insieme e di Morreale, e a chi avea sostenuto con lode la sublime carica di presidente e capitan generale del regno. Il fasto de’ funerali nella morte de’ tristi è un insulto alla pubblica morale, nella morte de’ buoni è un ultimo trionfo della virtù. Stando ancora in fabbrica il duomo ebbe allora tomba marmorea nel convento de’ Cappuccini; e dopo qualche tempo un altro bel monumento sepolcrale al duomo nella cappella del santissimo Sacramento.
| |
Palermo Sanseverino Palermo Morreale Cappuccini Sacramento
|