Il piano delle loro operazioni era quello di profittare del sobbuglio popolare della vicina pasqua, assalire il banco comunale, il monte di Pietà, saccheggiare le case de’ più ricchi privati, scuotere il giogo del governo costituito, proclamar la repubblica, e gridarla alleata e sorella della repubblica francese. Lo scopo immorale del tentativo avrebbe anche senza la forza del governo fatto abortire il progetto sul nascere. Alle prime ruberie si sarebbe veduta la città tutta in armi in difesa delle minacciate sostanze; i congiurati scarsi di numero senza denaro, senza opinione sarebbero rimasti vittima della loro folle intrapresa. Fu tenuto capo della congiura l’ultimo rampollo di una nobile ed onorata famiglia Francesco Paolo De-Blasi e d’Angelo; suoi primi seguaci un Giulio Tenaglia, un Benedetto la Villa della classe degli argentieri lavoranti, e un sargente Bernardo Palumbo; il resto anche uomini di più basse condizioni. Fra tutti il solo Di-Blasi era munito di qualche istruzione, ma d’animo esagerato, gracile ed infermiccio della persona, che, sperperando l’avito patrimonio, era già da qualche tempo caduto nella miseria. Che poteano ragionevolmente sperare tali uomini, e che poteane paventare il governo? Pure gli avvenimenti di Napoli, e la temuta influenza della rivoluzione francese dando maggior peso alla cosa, consigliarono di prendersi quelle misure di sicurezza che sarebbero bisognate in un affare di più grave momento. Sospettossi che la macchinazione avesse altri capi più influenti, che si legasse a’ movimenti tentati al di là del faro, e che vi mestassero dentro i Francesi.
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