Non era d’altra parte senza giovamento per la Sicilia l’amicizia che legava il suo re alla Gran-Brettagna, giacchè per essa giungevasi a stipolare una tregua con la reggenza di Tunisi che rassicurava da un lato almeno il nostro commercio marittimo, e apriva facile il campo al riscatto di tanti infelici che gemeano schiavi tra i turchi. Emmanuele Parisi recavasi in Tunisi a stipularla, e con effetto sottoscriveala quel Bey a 21 giugno (2601). [706] L’interesse inglese non era trascurato, giacchè, essendosi pattuito che la tregua durasse quanto durerebbe la guerra coi Francesi, il re di Sicilia non avrebbe potuto staccarsi dall’Inghilterra ed accordarsi con la Francia, senza vedersi nuovamente molestato dalle piraterie tunisine.
Le armi intanto del cardinale Ruffo minacciavano da vicino il centro della republica vesuviana, e quindi ad affrettarne la caduta a 13 giugno imbarcavasi l’erede del trono, Francesco, sull’armata navale inglese, movendo alla volta di Napoli; ma il giorno appresso fu veduta di ritorno l’armata, che Nelson giudicò pel momento fazione di maggiore importanza l’osservare un forte naviglio francese ch’eragli stato segnalato non molto discosto dai nostri mari. Ma finalmente giungevano a Palermo certe nuove dei felici successi delle armi regie. Fu grande la gioia della corte, e il re moveva egli stesso al dì 3 luglio, accompagnato dal generale Acton e dal principe di Castelcicala, e scortato da molte navi da guerra inglesi, russe e portoghesi. Il forte S. Elmo non avea ancora capitolato, e il re fermavasi all’isola di Procida, dove ricevea dopo pochi giorni, cioè alli 11 la capitolazione del castel S. Elmo (2602), e al 31 quella di Capua e di Gaeta.
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