Fu questo il segnale di un generale combattimento; i bastoni e le pietre furono le armi de’ cittadini. Alcuni de’ turchi fecero qualche difesa, con danno di pochi dei nostri, ma sopraffatti dal numero e divisi nelle molte strade del paese, ebbero a soccombere. In alcuni luoghi il furore della plebe non risparmiò ai supplichevoli. Molti turchi furono salvati dalla pietà di uomini generosi; nel tutto i morti e i feriti non arrivarono a cinquanta dall’una parte e dall’altra, ma ben pochi de’ nostri. Sarebbe stato più grave il caso, se non fosso accaduto nel giorno di una festa ch’era solita trarre la gente più torbida del paese alla volta di Morreale. L’ammiraglio turco nel primo impeto del risentimento avea girato il fianco di un suo grosso vascello in direzione della via Toledo; però avvertito dalle mosse de’ vascelli russi ed inglesi, ingozzì senz’altro l’affronto, anzi venuto a terra moveva al re parole di scusa, accusando i suoi di provocazione. L’affare non ebbe altro seguito, e dopo pochi giorni salparono i turchi dalla nostra rada per levante.
Dato sfogo a’ primi rigori della giustizia in Napoli, vi spediva il re luogotenente e capitan generale il principe del Cassaro, munito di larga amnistia (2603). Su due navi da guerra regie, partiva il Cassaro da Palermo il dì [708] quindici novembre, e dopo otto giorni di penoso tragitto, facea la sua entrata solenne in Napoli. Il sottodirettore Cappelli ne prendeva interinamente il portafoglio sino a che il toscano Francesco Seratti non era nominato ministro d’alta polizia e di giustizia, come lo era il Cassaro; ma doveva il Cappelli vedersi addossata la grave fatica di assistere, nella sua qualità di sotto direttore, i due ministri Luzzi e Seratti.
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