Non ebbe però qui fine la storia bizzarra. Nel 1800 venuto a morte il notaio, che avea stipulato il testamento della Greco in favore del Candia, dichiarò negli ultimi suoi momenti di vita la falsità dell’atto testamentario; altre prove furono raccolte a convalidare la frode, e il Candia ebbe anche dalla sua parte a patire il destino del Paternò, e a scontare in prigione gli averi male acquistati. I poveri e veri eredi, divisero finalmente fra loro gli avanzi della colossale fortuna della donna, di cui si ebbe tanto a parlare in quell’epoca. Una quasi ugual sorte patì a giorni nostri la ricchissima eredità de’ conjugi Di-Lisi morti nel 1837; giacchè, essendosi molto battagliato ne’ tribunali fra i tanti congiunti che agognavano alla eredità, all’atto di percepirla, si trovarono non si sa come andate in fumo in gran parte le specie metalliche, che si presumeva dovessero esistere nella casa mortuaria. Il Paternò, chiarita la falsità del Candia supplicò il re onde essere indennizzato della sofferta prigionia, come se il delitto di un altro potesse giustificare quello da lui fatto. Il sovrano giusto e clemente insieme non punì della sua audacia il Paternò, ma dichiarò che per lo avvenire non si chiedessero grazie di tal natura.
      Se il re prendea molto diletto della caccia, riducendo più luoghi nei dintorni, ed anche a qualche distanza da Palermo, a siti reali opportunissimi a farvela prosperare; d’altra parte il principe ereditario Francesco amante della vita campestre e delle industrie agrarie, sceglieva alcuni fertili campi nella contrada di Boccadifalco, e vi fondava un quasi campo modello di agricoltura.