Il demaniale domandò per Palermo il ripristinamento degli antichi consolati delle maestranze, e sopratutto de’ cinque seguenti, orefici ed argentieri, sartori, calzolai, calderai, chiavettieri; e che fosse conceduto l’onor della toga ai giudici pretoriani. Per molte città ragguardevoli del regno furono chieste onorificenze di titoli di senato o di vestir toga pe’ magistrati municipali. Furono queste città Mineo, Termini, Marsala, Melazzo, Troina, Salemi, Vizzini. Per la città di Catania fu chiesto un privilegio che univa al decoro la utilità del paese. La elezione de’ senatori era del re; dopo il periodo stabilito di loro durata aveasi quindi nuovo l’intiero magistrato con danno dell’amministrazione della cosa pubblica, la quale dovea per qualche tempo restare in mano a chi non conosceane lo andamento. Chiedeasi per tanto al re che fosse permesso al consiglio municipale di Catania di confermare ad ogni nuovo magistrato due degli antichi senatori, restando al re la elezione degli altri. Molte di queste grazie erano dal sovrano concedute, altre sospese sino a tanto che non fossero esaminati i privilegi su i quali si fondavano. Tra le concedute, meritano particolar menzione le due chieste dal braccio ecclesiastico, e relativamente a quella de’ nuovi vescovati, ne furono tre risoluti, tra i quali quello di Caltagirone cui poteva fare quella ricca comune il congruo assegnamento. Catania ottenne quanto bramava. Queste furono le cose più notabili del parlamento del 1802.
Intanto per effetto della pace conchiusa tra l’Inghilterra e la Francia, rassicurato l’animo del re, determinavasi a recarsi in Napoli.
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