E per non lasciare nel cuore dei Siciliani quelle incertezze che sono sempre la conseguenza de’ grandi politici avvenimenti, e per chiuder l’adito alle incessanti denunzie che muoveano da ogni dove, e alle importune dimande di compensi per servizî resi o supposti nella conquista di Napoli, emanava in data del 22 giugno 1802 un dispaccio che va qui inserito per nota, onde possa ciascuno meglio conoscer l’indole e le circostanze de’ tempi (2606).
      [713] Provveduto in tal modo alle cose di Sicilia a 3 giugno muove il re alla volta di Napoli con quanto rimaneagli attorno della sua reale famiglia. I Siciliani entrarono a parte dell’allegrezza del re, se non che alquanto dolorosi del suo allontanarsi; e principalmente perchè credettero sincera e durevole la pace tra le due grandi potenze rivali.
      L’arcivescovo Pignatelli era lasciato presidente e capitan generale del regno. In breve spazio di tempo fu egli arcivescovo, poi cardinale, poi presidente e capitan generale, ma passò come lampo una tanta subita gloria. In febbraro del 1803 morte il colse, e non lasciò di sè che un nome di bontà esemplare, e un provvedimento che inibiva il portar armi a chi non ne avesse avuto licenza dalle competenti autorità. Fu saggio, opportuno questo bando (2607) del Pignatelli in tempi, ne’ quali il basso popolo erasi guasto dal contatto de’ facinorosi che si erano aggiunti alle masse del cardinale Ruffo nella conquista di Napoli. Non che queste truppe collettizie si componessero tutte di tal razza di gente; erano molti i buoni e devoti alla causa del re, ma erano anche molti i tristi, e questi per lo appunto furono quelli che, tornato l’ordine in Napoli, non avendo più dove esercitare le loro immanità, eransi ridotti a Palermo a importunare la corte d’indiscrete dimande, e a vivere di procedimenti inonesti.