Le parole del dispaccio del 22 giugno fanno prova manifesta di una tal verità.
In agosto di questo medesimo anno restituivasi dal suo viaggio in Napoli, accompagnata dal principe Leopoldo la regina Maria Carolina, sicchè tutta la real famiglia vedeasi un’altra volta riunita nella grande metropoli, teatro poco avanti di tante vicende rivoluzionarie e guerresche. Tra le cure che esiggeva molte e difficili il riordinamento delle cose napolitane, non era obliata la Sicilia. Sapeva il re come troppo gravi alle spalle di un vecchio prelato dovessero riuscire i doveri di pastore delle anime e di capo del governo, e quindi a sollievo del Pignatelli ordinava a dì 8 settembre che il ministro Orazio Cappelli, inteso delle cose di Sicilia, e già sperimentato abilissimo, prendesse la firma di tutti gli atti governativi, riserbando, a semplice decoro della carica di presidente, la firma al Pignatelli della corrispondenza co’ ministri di Napoli. Ma, siccome più sopra annunziammo, il dì 11 febbraro 1803 cessava di vivere il Pignatelli, e per cinque giorni l’autorità del governo in Sicilia passava in mano del sacro consiglio, giacchè il giorno 16 dello stesso mese, vedeasi giungere il principe di Cutò in Palermo col nuovo titolo di luogotenente generale.
CAPO V.
Alessandro Filangeri principe di Cutò luogotenente e capitan generale del regno; indi vaca il viceregnato per la venuta di re Ferdinando.
La partenza del re e della corte per Napoli non era il solo dolore che affliggesse la Sicilia in quel tempo, e principalmente Palermo.
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