In questa occasione venivano a cessare le funzioni di luogotenente generale del principe di Cutò, giacchè la presenza del sovrano che personalmente assumea le cure dello stato distruggeva qualunque bisogno si avesse potuto sperimentare per il reggime interno delle cose. Il principe ereditario Francesco e il principe Leopoldo restavano in Napoli. Dovea Francesco, comandante supremo delle truppe regie, impedire l’invasione francese, e ritirarsi, se non bastassero le forze, per le Calabrie, opponendo quanti ostacoli potesse a’ progressi de’ nemici. Le Calabrie animate dalla presenza del principe reale, soccorse dalla Sicilia e dagli Inglesi, arrestarono per qualche tempo la foga delle armi republicane; e quando Francesco varcò lo stretto e si ridusse in Sicilia, gli animosi Calabresi restarono in bande o guerriglie, a far guerra alla spicciolata, che travagliò molto i Francesi e quelle città che li favorivano: fuochi d’insurrezione realista che [716] dovea indi a non molto spegnere la inesorata spada di Manhes.
Doleva alla regina la miseria in che trovavansi caduti quei signori napolitani che per seguirlo aveano abbandonate le loro proprietà; nè la Sicilia già esausta di sforzi non ordinarî potea bastare al mantenimento dello stato sul piede di guerra, a sovvenire i realisti armati sul continente in difesa della causa legittima, e a provvedere del bisognevole almeno la massa degli emigrati venuti in Palermo. Unico sussidio ragionevole a tanta bisogna era lo incamerare i beni de’ napolitani in Sicilia, appartenenti alle famiglie che non aveano seguito il re; ma riusciva anche questo di poco frutto, perchè non eran molte le possessioni de’ signori napolitani in Sicilia, e perchè troppi erano e di elevata condizione quelli che aveano seguitato il re.
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