Riuscita vana ogni operazione militare, Gioachino dimise, o almeno fece intenderlo, ogni pensiero sulla Sicilia; se non che l’Inghilterra vista vacillare la potenza dell’imperator Napoleone, e l’isola nostra potere esser centro di grandi movimenti militari, spediva ministro plenipotenziario Lord Guglielmo Bentinck sostituendolo a Lord Amherst (2622).
Mentre queste cose succedevano, la salute [721] di re Ferdinando declinava, era d’uopo allontanarsi dalle cure del governo, giacchè i medici il volevano. Ritiravasi pertanto alla Ficuzza, una delle belle contrade che stanno attorno la città di Palermo, ove l’aria, speravasi, avesse presto restituito in sanità il sovrano.
Facea d’uopo però affidare ad altri le [722] redini dello stato: per la qual cosa elesse Francesco suo figlio vicario generale del regno coll’Alter ego (2623). Bentinck assunse allora il titolo di capitano generale della Sicilia, mentre Francesco ordinava l’abolizione della tassa dell’un per cento (2624), e richiamava i cinque baroni di già remossi, taluni de’ quali mutato il ministero vennero onorati delle cariche che il componeano. Così il principe di Belmonte Giuseppe Ventimiglia ebbe gli affari esteri, il principe di Castelnuovo Carlo Cottone le finanze, il principe di Aci Giuseppe Reggio guerra e marina, il principe di Carini finalmente il ministero di grazia e giustizia.
Disposte in tal guisa le cose, facea mestieri pensare alle riforme. Il parlamento del 15 febbraro 1810 convocato dagli urgenti bisogni dello stato, avea pure preso di mira la riscossione e ripartizione delle imposte; ma quello che oggi si tenea voleva grandi novità. Era il dì 18 luglio del 1812, ed i tre bracci s’affrettavano a comparire in questa grande adunanza, che il volere del vicario del regno convocava.
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