E così fu fatto.
Ma è d’uopo, come cosa notabile, narrare la morte avvenuta in quest’anno 1815 d’uomo carissimo non che a Sicilia, alla maggior parte ancora degli stranieri, intendiamo di Giovanni Meli. Il tessere qui l’elogio di sì insigne poeta sarebbe fuori proposito, tanto più che le sue opere vanno per le mani di tutti, e sin la plebe se ne delizia. Solo dirò che il dolore della perdita fu molto sensibile, perchè egli era stato uomo di lettere e poeta, ma era stato altresì onesto cittadino, e della sua patria in singolar modo amantissimo; e la patria riconoscente gl’innalzò allora un marmo nella chiesa di s. Francesco, ove scolpì la sua effigie, istoriandovi una bella iscrizione del celebre Michelangelo Monti. E sebbene questo monumento non vada tuttora distrutto per lo rifacimento di detta chiesa, pur non di meno si spera da’ buoni che presto vorrà erigersi insieme a’ Pacini ed a’ Bellini nella deliziosa Villa Giulia un altro busto in marmo, per associarsi a costoro il nome insigne di Giovanni Meli (2628).
Con questa pubblica doglianza finiva il 1815. Al cominciare del nuovo anno le autorità municipali della città di Palermo pensarono di prevenire i mali, che la scarsità dell’annona potea recare, massimamente alla misera classe, che è la più vicina a sentirli; per lo che il consiglio civico pensò d’istituire una colonna annonaria, e a tal uopo elesse un comitato per esaminare primieramente se la colonna anzidetta era necessaria a’ presenti bisogni della città di Palermo, e nel caso affermativo proporre i mezzi come potersi effettuire, senza venire in urto colle vigenti prescrizioni, e senza danno dello stato discusso municipale.
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