In conseguenza di che si venne a disporre un cordone per tutto il littorale della Sicilia con due guardie per ogni mezzo miglio; che inoltre le persone civili e possidenti formassero delle ronde per scorrere di continuo il littorale, invigilando sulle guardie per vedere se le prescrizioni bene adempissero; che le barche siciliane, e i legni di qualunque natura, sotto pena di morte naturale, non avessero commercio con altre di qualsiasi provvenienza, promettendo un premio d’onze dieci, da pagarsi subito, a colui che avesse rivelato il trasgressore di siffatto ordine; che fossero vietate le pesche in tempo di notte, e precisamente dal tramonto del sole sino ad un’ora prima di comparire; che si desse lo sfratto a tutte procedenze del regno di Napoli e dei [728] luoghi infetti; che si prescrivesse un’esatta quarantena per gli uomini e per le merci (2631).
Con l’esatta osservanza di tali regolamenti potè Sicilia restar libera ed esente da un male, che grandemente la minacciava.
Ma in questo tempo nella città di Napoli avvenne un gran caso. Il magnifico teatro s. Carlo costrutto dalla generosità dell’augusto genitore di Ferdinando I, per opera delle fiamme in men di due ore consumavasi in cenere. Questo grandioso fabbricato periva per incuria di taluni impiegati nell’accendere i lumi. Lo scompiglio e lo sgomento fu generale, perchè una gran parte de’ cittadini era in quella sera corsa al teatro per le prove d’un dramma; il vento che spirava propagò prestamente l’incendio, nè vi fu riparo di sorta per impedirlo, trovandosi in quel tempo disciolta la compagnia de’ pompieri.
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