Ritornando però al soggetto del nostro ragionamento diremo, che re Ferdinando I con reale decreto del 1 febbraro 1816, avendo voluto occuparsi delle strade pubbliche di Napoli, aveva formato un regolamento col quale ogni mezzo poneasi in opera per mandare a compimento la impresa. Ed in fatto si videro ottimi resultamenti, poichè in Napoli fu in breve spianato l’interno commercio, e le comunicazioni si resero più attive. Ora la M.S. pensava di adattare nuovi regolamenti in Sicilia pel medesimo oggetto, servendo a questi di base quello già praticato per Napoli, del quale avean ben corrisposto gli effetti. Ma siccome un tal lavoro esigea del tempo, e il re non voleva frappor dimora alcuna per la esecuzione de’ lavori, volle che la direzione delle strade, continuando ad avere l’amministrazione de’ fondi provvenienti dal regio erario, fosse però soggetta alla vigilanza de’ consigli provinciali per lo impiego de’ detti fondi alle opere che andrebbero eseguendosi; e che la medesima direzione avesse inoltre la formazione dei piani d’arte, e lo adempimento in riguardo a’ cennati lavori (2635).
A questo importantissimo provvedimento delle strade successe quello su’ luoghi penitenziarî. Ne’ tempi delle gerarchie feudali, gli ex-baroni, tra gli altri abusi del loro potere, piantavano ne’ soggetti comuni delle carceri, ove il delitto figlio della prepotenza e delle concussioni, scontava una pena immeritata forse nella sua origine. Distrutto il feudismo, rimasero quelle lugubri pareti [733] testimonio di scelleraggini, ed inimitabile esempio di virtù pe’ nostri sovrani che pria lo distrussero, e cercaron poscia di cancellarne ogni menomo vestigio.
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