Ora in quelle pareti non voleasi confondere la soperchieria colla giustizia, e perciò i comuni erano tenuti coi mezzi proprî a costruirsi delle prigioni. Ma essi non si poterono invero mostrare prontamente ubbidienti, perchè la proprie risorse erano molto limitate; da ciò nasceva che i penitenziarî per la mancanza d’opportuni luoghi erano costretti a sentire viemaggiormente il dolore della condanna. Queste cose non isfuggirono alla governativa attenzione di S.A.R., il quale dispose che non conveniva costringere i comuni alla formazione delle carceri sino allo stabilimento de’ circondarî, e che durante ciò si sospendesse di restituire ai baroni le carceri di loro spettanza, pagandosene ad essi la sola pigione, ed erogando le spese necessarie per gli acconci; o quando le prigioni suddette non fossero ben sicure, i comuni manterrebbero a proprie spese quei custodi che per la sicurezza del locale facesser d’uopo (2636). Così si venne a togliere un gravissimo inconveniente che nel ramo penitenziario sperimentavasi, dando ai detenuti quei comodi più opportuni che le forze d’ogni comune poteva loro regolarmente apprestare.
Intanto pensavasi di dare ordinamento agli istituti di educazione per le donne, onde potersi assicurare nel miglior modo la generale istruzione e civiltà del paese. Occupavasi il luogotenente duca di Calabria di quest’oggetto con molta alacrità, intendendo di organizzare nel modo il più completo gli orfanotrofi e i collegî di Maria esistenti in Sicilia. Fra di tanto venne precariamente a disporre che ciascun collegio, orfanotrofio, o altra somigliante pia opera, doveva tenere una deputazione locale che l’amministrasse, composta di tre soggetti oltre il presidente della medesima, che dovea esser sempre l’intendente o il sottintendente, o il sindaco, e in Palermo il presidente della commessione di pubblica istruzione.
| |
Calabria Maria Sicilia Palermo
|