Che inoltre uno de’ tre deputati appartenesse all’ordine ecclesiastico, e gli altri due fossero proprietarî del comune ove esistesse l’opera (2637). Ciò produceva naturalmente ch’eliminandosi le frodi delle [734] amministrazioni, rimaneva il solo interesse di spingere innanzi gli stabilimenti per condurli a certa fiorigione, tanto più che i proprietarî del paese che la facevano da deputati avendo de’ mezzi potevano collocarvi le loro figliuole, ed allora il bene dell’opera era doppiamente assicurato.
Fu anche rimarchevole in quest’anno la liberalità del sovrano, nel procurare con tutt’i mezzi possibili di ristorare il distretto di Catania da’ gravi danni che gli avea arrecati il tremuoto successo nel febbraro. Bisogna cennare come nel predetto mese la intera Sicilia fosse stata generalmente travagliata da sì infauste scosse ch’ebbe a soffrirne grave dannaggio. Ma nissuna parte provò gli effetti dell’ira celeste in peggior guisa che Catania, onde il distretto ne venne orribilmente maltrattato. Sua Maestà all’annunzio de’ disastri ordinò di occorrersi prontamente al sollievo di quegl’infelici abitanti, ed incaricò il luogotenente di farle conoscere lo stato reale de’ danni; il quale venne in adempimento a rassegnarle che il valore approssimativo di essi era stato calcolato in once cinquecento sessanta circa, e che di tutti gli edifizî perniciosamente scossi per 2/16 erano già caduti, per 3/16 cadenti, e il resto lesionati. Diceva, che per rialzare talune chiese ed edificî interessanti pel divin culto, e per edificare le case che componeano interi villaggi, v’abbisognava una spesa di once quattordicimila cento venticinque; che per soccorrere i più miserabili nel rifabbricare le loro case, era necessaria la somma di once quattordicimila ottocento ottanta.
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