Il rescritto che fa fede della paterna sollecitudine del sovrano, come monumento magnanimo del governo di re Ferdinando, trascriveremo in piè di pagina per disteso, onde rimanga eterno ricordo ai posteri (2638).
[735] Diremo ora, come storica rimembranza, della distruzione de’ Vardarelli successa in quest’anno 1818. Formavano questi una compagnia d’uomini facinorosi, che scorrendo ovunque apportavano ovunque strage e terrore. Presero il nome da tal Gaetano Vardarelli che pria soldato, poscia disertore dell’esercito di Murat, erasi lungo tempo ritirato in [736] Sicilia per commetter ivi opere orrende. La sua malvagìa fu molto perniziosa all’isola, onde cercaronsi i mezzi d’allontanarlo; ma per nuovi delitti da sè medesimo vi si deliberò, e fuggendo tornò in Napoli ad esercitare l’onesto mestiero di brigante. Qui trovò compagni due fratelli e molti amici (del delitto), e lui capo formò sotto la sua soggezione una squadriglia di ben cinquanta uomini. Quanto colà avessero operato non è mestieri che si dica, solo noteremo che il governo mise ogn’opera per distruggerli, e volendo risparmiar sangue, perchè i Vardarelli erano feroci e risoluti, promise di perdonare i loro falli se fossero ritornati al queto vivere; più avrebbero largo stipendio onde spegnere quei grassatori che l’intera Capitanata straziavano. Stettero a’ patti e li mantennero, perchè la Capitanata fu in breve sgombra dagli assassini; ma presto rammentarono gli antichi misfatti, e volevano massime i capi Vardarelli, ricominciare l’antico modo di vivere; la giustizia punitrice impedì a tempo l’esecuzione di tale feroce intendimento, e seppe con non minor valore spegnerli e dissiparli.
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