In vero non erasi ingannato il sovrano nella scelta, perchè il De Cosmi era tale da disimpegnare pienamente il suo incarico, e corrispondere nella miglior guisa alla fiducia che il re avea in lui riposta. La solerzia [740] addimostrata dal De Cosmi in questa circostanza, e l’opere egregie mandate alla luce per l’obbietto in parola, fecero ben presto vedere come questo insigne letterato avrebbe fra non guari recato il massimo de’ beni alla Sicilia. Tra gli altri favori di cui il secolo decimottavo ci fe largo dono, certamente non va tra gli ultimi questo di cui facciamo parola. Egli, il De Cosmi, mise nei cuori siciliani questo santo impegno che li mosse verso una parte sì interessante di pubblico incivilimento. Ora per deliberazione del presidente della pubblica istruzione, corroborata dalla superiore sanzione del governo si vide sorgere in ogni comune di Sicilia una scuola primaria assistita da uno o più maestri, coll’incarico d’insegnare i ragazzi col metodo normale nei principî elementari del leggere e scrivere, e in quelli ancora dell’aritmetica, non escluse le istruzioni morali del catechismo e de’ sociali doveri. Questo era un grandissimo bene che recavasi a Sicilia, giacchè meglio accertata la pubblica istruzione, più la cultura e i mezzi di ricchezza nazionale sperimentavansi, rinvenivansi. Con tutto ciò era d’uopo che queste scuole comunali avessero una guida nel modo di organizzarsi; il metodo normale era nuovo invero, nè sapeasi in che consistesse, e in qual modo si portasse in opera; e fecersi rimostranze; gl’inconvenienti a’ quali s’andava incontro non erano simulati, e perciò bisognava darvi riparo, e se l’istituzione era ottima abbisognava pure di ottimi mezzi.