Rammenteremo pria di chiudere il presente capitolo una disposizione sovrana che riguardò l’unità monetaria de’ due regni. Erasi stabilito sin dal 1818 il conteggio de’ ducati, de’ grani, e de’ baiocchi, perchè formando tanto Napoli che Sicilia unico reame con una forma civile, unico dovea essere per conseguenza il monetario sistema. Questa determinazione venne messa in osservanza in Sicilia, ma si mancò di porla ad esecuzione anche negli atti pubblici, ed in quelle scritture che avessero forma autentica per una via o per l’altra. A ciò provvide il sovrano decreto emesso in quest’anno (2651) in cui si venne ad ordinare che tutti gli atti notarili, civili, o giudiziarî, gli avvocati, i patrocinatori, i pubblici impiegati, i razionali, insomma le persone tutte che rivestite fossero d’un carattere pubblico, dovessero in qualunque loro scrittura servirsi del conteggio in moneta napolitana, onde non produrre l’inconveniente nell’altro reale dominio d’essere difficilmente intesi.
Con tali provvedimenti scorrea tranquillo e pieno delle più liete speranze per la prosperità de’ due regni il 1820, quando giunto al mese di giugno s’intese re Ferdinando richiamare il luogotenente duca di Calabria suo augusto figliuolo in Napoli, onde dividere più da presso secolui le cure dello stato. Grande amarezza intesero i Siciliani per l’allontanamento di sì benefico principe, che per ben otto anni li avea governati in nome di sua maestà con un amore indicibile e con particolar protezione. Conciossiachè la maggior parte degli stabilimenti che stanno intorno la città di Palermo per sua opera eransi o creati o migliorati.
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