“Nel correre però tanta via, egli è impossibile che non appaiano quei sintomi passeggieri che van congiunti ad un riordinamento generale. Non essendo dato agli uomini di compire le loro opere in un istante indivisibile, il tempo che intercede fra il cominciamento ed il fine di una riforma, egli è un tempo in cui tutto [750] sembra esser disordine. Il cangiamento delle voci, delle idee, e delle abitudini; la disarmonia tra gli antichi usi tuttora esistenti, ed i nuovi ordini; il traslocamento che subiscono gli uomini e le cose, non possono non produrre un’anzia perplessità nell’animo di coloro, che non son usi a vedere il legame tra le cause e gli effetti.
“A tutto ciò s’aggiunge che malgrado l’evidente superiorità della novella legislazione, e del nuovo sistema d’amministrazione sull’antico, gli uomini che traevano in altri tempi considerazione e potere dal passato ordine di cose, ed i ripetitori delle opinioni di costoro, ed i detrattori d’ogni opera di cui non forono gli autori non han lasciato e non lasceranno di ventilare per qualche tempo ancora, che la precisione delle leggi attuali soffoca l’equità nei giudici, e che l’equità val più che la giustizia.... che la solennità delle forme giudiziarie sagrifica bene spesso il buon dritto de’ contendenti.... che la pubblicità dei giudizî penali scandalizza l’innocenza.... che un corpo numeroso di giudici e d’amministratori, la è una contribuzione novella imposta allo stato.... che l’antichità era la sola sapiente, ed ogni novità un male.
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