Ed egli era uomo che coll’assistenza del Thomasis avrebbe condotto a fine i suoi disegni. Le riforme quantunque si fossero in quel tempo trovate nel pieno loro vigore, tuttavia gli effetti benefici per cagion del tempo non s’erano ancora sperimentati nella loro sufficiente pienezza. Ora quello che le circostanze anzidette non aveano finallora prodotto, intendeva il Naselli con norme e regole dettate con molta aggiustatezza far anzi tempo effettuire, premiando coloro che forte s’attenessero al principio di volere con ogni mezzo concorrere alla grand’opera di estirpare gli abusi, che avendo ancora vita in tutto il sistema di pubblica amministrazione, ritardavano il bene delle ottime sovrane riforme.
Nè egli si ristette alle parole, giacchè avea cominciato a dar moto ed impulso ai suoi progetti; ed egli vi sarebbe riuscito, se un avvenimento memorabile successo nel luglio di quest’anno 1820 non avesse distrutta ogni governativa intrapresa del Naselli, costringendolo ad abbandonare la missione, e la residenza, e a lasciare l’isola in preda ad insano furor popolare. Questa fu la rivolta, di cui il cav. Ludovico Bianchini ci ha lasciata particolar descrizione, onde chi fosse vago di essa potrebbe agevolmente rintracciarla nell’opera egregia che siffatto insigne autore compilò per la Sicilia, e che va oggimai per le mani di tutti; ma noi, a scanso di fatica dei nostri lettori, e per comodità loro ci facciamo a qui trascriverla, andando sicuri sul di lui passo di non far cosa che menomamente non risponda alla gratitudine dovuta all’ottimo governo di cui siamo stati in ogni tempo rivestiti sotto la presente dinastìa borbonica; essendo per altro il Bianchini uno di quegli uomini, per dovere delle eminenti cariche che occupano, come altresì per gli ottimi principî che regolano i loro animi, lontani anzi lontanissimi da qualunque idea, che pienamente non sia coerente ai doveri verso i nostri sovrani e come cittadini, e come pubblici funzionarî.
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