In tal modo i faziosi si posero in attitudine fiera e minacciosa, inutil guardia civica sotto la scorta del principe di Cattolica adunò allora il luogotenente, chiamati ch’ebbe a sè i consoli delle arti perchè colla loro gente armata sedassero i tumulti; voleva pure la moltitudine nelle sue mani le torri che sono accanto del real palagio, ed a mala pena Gravina cardinale arcivescovo di Palermo la persuase che soltanto quaranta fra essi vi entrassero. Dopo poche ore venivan messi a sacco l’ufficio del demanio e le case del ministro di stato marchese Ferreri, e di Barbaia appaltatore di pubblici giuochi d’azzardo. Il luogotenente nella sera riunisce presso di sè picciol consesso per avvisare su’ provvedimenti a dare; sospetta invece la moltitudine che s’emettessero ordini per farla assalire dalle milizie, quindi si prepara a respingere ogni attacco. Surse l’alba del domani e si viddero ben cinquemila scelti soldati tra fanti e cavalieri invece di prendere imponente militare posizione fuori della città, restare ammassati nel largo del real palazzo fiancheggiato dalla principale strada, aperto ed esposto alle incursioni pur dagli altri lati, e dominato in tutto da’ soprastanti edifizî, senzachè per la ristrettezza del terreno potessero eseguirsi e militari evoluzioni e ritirata al bisogno. A tal vista la popolar fazione passa dal sospetto alla certezza; un corpo in questo mentre di cavalleria e fanteria uscendo da quel largo traversa la strada del Cassero sino a porta Felice; credono i faziosi d’essere attaccati, quindi con impeto straordinario per ogni verso irrompono, e tirano colpi di schioppi e di pietre alla soldatesca addosso e dalla strada e da’ vichi e dalle case.
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