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      Gli uffiziali che n’ebbero il comando furono presi alla rinfusa, e tranne pochissimi che avean militato sotto le reali bandiere eran tutti uomini nuovi, gli stessi consoli delle arti e molti artieri. Credevasi sufficiente siffatta soldatesca sì per resistere al governo, sì per indurre le altre parti dell’isola ad unirsi a Palermo; e perchè le novità avvenute incontravano in varî luoghi o indifferenza o opposizioni, così adattossi il tristissimo espediente di mandare contro essi orde rivoltose sotto nome di guerriglie. La prima fu avverso la valle di Caltanissetta; per ogni dove brucia devasta con estrema ferocia i poderi meglio coltivati, invola il bestiame, distrugge case intere. La misera città di Caltanissetta non potendo in alcun modo difendersi, poi che da essa fuggito era l’intendente con dugento soldati regî, fu esposta per più settimane agl’incendî, alle ruberie, al massacro di uomini e donne fino nelle chiese. Taluni che dallo eccidio camparono nudi e malconci per le ferite o oppressi dal dolore per le sofferte perdite fuggirono in Messina e Siracusa, spargendo lo spavento e l’orrore, ed imprecando dal cielo la punizione di quegli empî, che erano di tanto danno e lutto apportatori. Il successo ed il bottino riportato dalla guerriglia di Caltanissetta animò altre orde ad unirsi subito, e ad andar quasi ad un tempo contro Siracusa, Trapani, Catania, e Messina; tutte commiser eccessi d’ogni maniera meno quella contro Messina.
      “Mentre tali cose si passavano il governo che allora regolava lo stato non consentì al mutamento avvenuto, generali parole disse, da essere in modo vario interpetrate, ai messi mandati da Palermo; fece mover da Napoli 6000 fanti e trecento cavalli comandati dal generale Florestano Pepe per ristabilire la quiete in Sicilia.


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Storia cronologica dei vicerè luogotenenti e presidenti del Regno di Sicilia
Appendice - Indici - Note
di Giovanni Evangelista Di Biasi
Stamp. Oretea
1842 pagine 1333

   





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