Pensava che il prenderli con arti conosciute era impossibile per l’esposte circostanze, onde bisognava trovar un mezzo straordinario per contrapporlo a straordinario ardire. Pertanto diede ordine che fossero adeguate al suolo quelle case la distruzione delle quali avrebbe formato un ben regolato piano, ch’egli destinò poi alla vendita di commestibili; cosicchè quel luogo istesso un giorno funesto per i spessi delitti, divenne gaio ed allegro, in quella guisa che oggi si osserva; ed ebbe nome di Piazza nuova, per trovarsene un’altra contigua e più antica, che venne chiamata vecchia.
      È facilmente da supporre come questa ardua impresa del Nunziante sonasse nelle orecchie dei Siciliani, e più specialmente dei Palermitani, ai quali parve incredibile che una genìa sì perniciosa in ogni tempo, e che avea usato tanto predominio su tutta classe di persone, fosse per essere distrutta così istantaneamente, senza usare la menoma violenza o per lo meno rimostranza a siffatta governativa disposizione. Questo colpo fatale pei conciatori annientò la loro baldanza, e più perchè furon costretti ad abitare sperperatamente e divisi l’un l’altro; così venne loro a mancare il mutuo [758] soccorso, ed isolati convenne tenersi nei giusti limiti del dovere e della ubbidienza.
      Re Ferdinando dopo queste misure del Nunziante, volle interamente dedicarlo al comando generale delle armi in Sicilia, sgravandolo dal delicato incarico di luogotenente, e perciò venne a disporre in data dei 24 marzo di quest’anno 1821, che Sua Em. cardinal Pietro Gravina arcivescovo di Palermo lo sostituisse in quest’ultima qualità. Questa sovrana determinazione ebbe subito il suo effetto, come diremo nel seguente capo.