In questo mentre s’intese re Ferdinando aver abolita in Sicilia la coscrizione, sul riflesso di esser l’isola nostra più agricola del regno di Napoli, e perciò dandosi la maggior parte degli abitanti alla cultura delle campagne, il distorli da queste occupazioni produceva per necessità il deperimento dell’agricoltura. In conseguenza di che restarono aboliti i consigli di reclutazione delle diverse provincie del regno, e il deposito generale di leva stabilito in Napoli, e gli uffiziali addettivi ritornarono ai posti anteriormente occupati. Le carte poi e i registri relativi agli anzidetti consigli di reclutazione rimasero presso gl’intendenti delle rispettive provincie, e quelle appartenenti alla amministrazione dei depositi, incluso quello generale di leva residente in Napoli con le rispettive casse, furono depositate presso i consigli di amministrazione, affine di verificare e chiudere deffinitivamente i conti coll’assistenza del commessario (2658).
Passeremo ora dalle cose governative alle pubbliche disavventure, dovendo narrare due memorande disgrazie avvenute in questo tempo, e durante la luogotenenza dall’arcivescovo di Palermo, in Messina e nel comune di Cefalù. Alla distanza d’un miglio circa di quella città, e propriamente nella così detta fiumara della Boccetta era una fabbrica di polvere ove stentando fra i rischi il pane lavoravano dugentoquaranta uomini con incessante premura. Il proprietario dell’anzidetta polveriera per la sete e la cupidigia d’ingordo guadagno volle prolungar la fatica di quegli sventurati fino a notte col lume dei fanali.
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