Il cielo pria di questo disastro erasi cominciato ad annebulare in guisa sì straordinaria che sembrava oscurissima notte. Un nembo di venti contrarî e violenti sollevossi in seguito, e le nuvole s’ammassarono densamente sulla catena dei monti di Cefalù, Gratteri e Roccella. Le acque inondarono le campagne in modo non mai veduto; i fiumi s’ingrossarono in tal guisa che traripando trassero seco armenti, molini, case, ponti ed alberi d’ogni sorta. Varie persone restarono sommerse, e dal luogo chiamato Fiumegrande sino all’altro nominato Lascari si formò un lago. Il danno riportato dall’agricoltura fu immenso, e molti mucchi di terra e di pietre, avanzi delle rovine dei fabbricati distrutti e degli oggetti trasportati dalla furia della corrente, formarono delle colline; quattro ponti franarono e molte chiese sparirono. La desolazione dei miseri abitanti fu al colmo, essi invocavano gli sventurati parenti ch’erano stati vittima dell’alluvione, e il ricco proprietario divenne povero per le perdute sostanze.
Qui ha termine la luogotenenza dell’arcivescovo di Palermo cardinal Pietro Gravina, giacchè con reale decreto dei 27 maggio partecipatogli dalla M.S. venne eletto Niccolò Filangeri principe di Cutò a luogotenente generale in Sicilia, al quale il Gravina rimise subito le redini del governo.
CAPO IX.
Nicola Filangeri principe di Cutò luogotenente generale.
Il decreto sovrano che nominava il principe di Cutò Nicola Filangeri a luogotenente generale in questi reali dominî era dato in Napoli a 27 maggio del 1821. Veniva egli nel governo di Sicilia accompagnato da tre direttori cioè dal cav.
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