“Io chiamo dunque le indicate popolazioni a riflettere, che la sussistenza loro e quella di innumerabili individui esige imperiosamente che i pubblici pesi vengano soddisfatti; che da pochi sagrifizî individuali risulta nella totalità il mantenimento di tutto il corpo sociale; che la industria ed il commercio ricompensano con usura questi sagrificî medesimi, non essendovi proporzione tra la pena di apprestare qualche cosa in servizio dello stato, e i danni che apporta la dissoluzione dello stato medesimo, che in fine la folle renitenza a sottomettersi al bene pubblico non può produrre che lo esterminio dei renitenti, essendo la tranquillità di Sicilia già garentita da forza imponente. La rassegnazione volontaria in questi momenti può accelerare il giorno in cui realizzandosi le promesse di S.M. (realizzabili soltanto nello stato di piena quiete) [762] potranno farsi quelle modificazioni su’ dazî che la M.S. crederà opportuni; e sarà quella l’epoca in cui forse anche la tassa della macina potrà ricevere qualche riduzione, e potranno ancora essere rettificati e migliorati i mezzi e i modi di percezione. Per questi riflessi io m’auguro che non più esisteranno pravi sovvertitori che porranno in cimento la loro patria, nè popolazioni così sconsigliate che senza prò vorranno cedere ad iniqui e perniciosi suggerimenti.
“Ma se malgrado queste salutari prevenzioni vi fossero tuttavia degli uomini pertinaci nei loro principî criminosi, i quali osassero resistere anzichè rassegnarsi alle leggi, io debbo avvertirli che quella vigilanza la quale dapertutto s’estende per assicurare il riposo d’onesti cittadini, non lascerà loro adito ad impunità. Ed essendo tali nella classe dei sediziosi e perturbatori della tranquillità pubblica, saran sottoposti al giudizio delle militari commissioni già create nelle sette valli, e verranno istantaneamente puniti con quello estremo rigore che altamente reclama la pubblica quiete”.
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Sicilia
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