Queste parole del Cutò mostravano non esser terminata tuttavia la querela della renitenza di taluni a soddisfare i pubblici pesi, i quasi principalmente non servivano che a contentare i creditori dello stato sul pagamento dei loro averi, pei quali altri reclami aveano prodotto al real governo. E diffatti erasi procurato nel miglior modo possibile di togliere queste lamentanze, quantunque imprudenti, non mancando il volere sibbene i mezzi a praticarlo. Il disposto dell’arcivescovo di Palermo quando fu investito della dignità di luogotenente su questo particolare fu oltremodo soddisfacente, onde il reiterare ora l’antecedente esempio se non era per riuscire in quella guisa che aveasi veduto per cagion della novità dello espediente, pur nondimeno era nella presente circostanza l’unico che nel miglior modo avesse soddisfatto l’animo dei creditori. Su questa considerazione facea d’uopo autorizzare i medesimi a poter nuovamente compensare i biglietti di credito col debito, se ne avessero, verso il regio erario per causa di contribuzioni; ma ciò fosse semplicemente per essere duraturo pel terzo susseguente, sperando il Cutò che questo mezzo straordinario verrebbe annullato dalla esatta prestazione dei contribuenti pel soddisfo dei pubbblici pesi.
Ma più grande inconveniente sovrastava alla Sicilia per riguardo all’agricoltura, e che richiamava tutta l’attenzione del real governo. La natura e le abitudini aveano inceppate le risorse tutte che la forza delle nuove istituzioni potea produrre in vantaggio dell’accennato obbietto, e gli ostacoli che s’opponeano alla facile scossione dei crediti disanimando i proprietarî li sforzava a non più apprestare i consueti soccorsi in semenze, che son la base dell’agraria economia.
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