Avendo il bey di Tunisi preteso che le barche coralline di real bandiera, oltre i dritti consueti, dovessero pagare due mabubi e mezzo (tre pezzi duri) per ogni cantaro di biscotto che avessero consumato nella stagione, il console di S.M. in quella reggenza fece comprendere al bey la stravaganza delle sue pretenzioni, e riuscì a stabilire, che per l’immessione delle provviste di pane, ed altro, ogni barca corallina pagherebbe dieci mabubi (circa 12 pezzi duri), e che i padroni avessero la libertà di provvedersi dove meglio lor piacesse, malgrado che vi fosse un appalto. S.M. cui tutto ciò fu fatto presente, avendo considerato che quanto dal console fu convenuto era vantaggioso, e che liberava i suoi sudditi dalle angarie e violenze che pel passato avevano sofferto, approvò la convenzione fatta, e volle che si rendesse pubblica tanto nella torre del Greco, quanto in Trapani.
Bisognava però una delle più pronte ed attive provvidenze alla mendicità in Sicilia. Gli stabilimenti allora esistenti erano insufficienti a ricettare tanta e sì numerosa quantità di poveri, i quali non trovando nei diversi paesi modi di trarre la loro sussistenza, affluivano in Palermo, ingombrando la intera città. La vista commiserevole di quegli accattoni muoveva la moltitudine a reclamare altamente, perchè quello sconcio fosse una volta risecato. Il Cutò, cui non isfuggiva un sì interessante oggetto, erasi molto affaticato per trovar modo come togliere quel grave inconveniente; pubblicò sul proposito una circolare dirigendola a tutti i sindaci dei comuni di Sicilia, nella quale venne loro inculcando di far sì che rimandati quei poveri ai loro nativi paesi, fossero [769] destinati ad una qualunque opera, sia nella coltivazione delle campagne, o in diverse pratiche agrarie, sia nel farli lavorare coi soccorsi del comune proprio d’ogni individuo in vantaggio del medesimo.
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