Il rapporto di un tale spettacolo è registrato per una officiale del sindaco comunale della sudetta isola di Ustica, nè si può leggere senza scorgare una lagrima; il sentimento del male che quel funzionario provò nel frangente orribile insieme agli altri fecero così delicate le sue descrizioni, che non si possono trovare al certo uguali.
Seguì l’eruzione del Vesuvio in Napoli più che mai orrenda e spaventevole. Re Ferdinando era allora invitato per un congresso a Verona, ove in effetti andò, quando successe quel caso. Il cielo abbuiò talmente per la cenere che sembrò notte, la terra si scosse in orribile modo, e i pericoli parvero imminenti. Pure non fe gran danno.
Se non che la città di Palermo dopo non molto fu travagliata da terribile tremuoto, che gravissimi guasti le produsse. La memoria dell’accaduto n’è tuttavia luttuosa, perchè in quel frangente vi rimasero vittima ben diciannove individui. Il giorno 5 marzo 1823 ebbe luogo quel tristo avvenimento nel modo che qui appresso diremo.
Sin dal giorno 16 del mese di febbraro eransi avvertiti dagli abitanti delle scosse, le quali vennero accompagnate da tal copiosa neve e pioggia, e da tai furiosi venti che destarono, per essere accaduti in tempo di notte, molti cittadini. L’indomane però fu sereno, e tal seguì il tempo sino ai 5 di marzo, quando all’una e mezza dopo mezzodì cominciò ad ottenebrarsi il cielo, e la terra a dimostrare degli scuotimenti, i quali a grado a grado aumentandosi giunsero alle ore 5, e 37 minuti a farsi sentire in un modo assai terribile.
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