Intanto il mercurio del Sismografo si versava in tutte le direzioni: le scosse le più forti furono nel numero di cinque, e durarono 20 secondi circa; ed il barometro era a 29, 35, mentre il termometro segnava 55 gradi. Poco dappoi il tempo cominciò a subire un cangiamento. Il vento si pose a nord, ed il freddo diventò intensissimo. Verso le ore 3 della mattina vi furono delle piccole scosse, ma il tempo tornò presto in calma, e si videro allora le montagne piene di neve (2673).
Al momento in cui la più forte scossa si fe sentire, ed in cui istantaneamente ne seguirono le conseguenze fatali, la costernazione e l’orrore si sparsero per tutta la capitale. Si conobbe nello stesso punto che la parte più bassa della città era stata più delle altre colpita: mentre quasi generalmente tutti gli edifizî, e precisamente i tempî eransi [772] risentiti soltanto dell’urto che aveano sofferto. La popolazione lasciò vuote le case, e corse chi alle preghiere, e chi ai punti di maggior sicurezza. In questo stato si passò tutta la notte, e il dì seguente le ville vicine furon tutte popolate all’istante.
Cessati poscia i pubblici timori, e restituita la sicurezza nel cuore degli abitanti, il pretore di Palermo principe di Torrebruna credè opportuno con una sua ordinanza del 14 aprile inculcare a tutti i possessori di quegli edifizî che aveano sofferto dei danni, a demolire prontamente o puntellare le case cadenti perchè non si cimentasse davvantaggio la pubblica salute, e qualora costasse che i sudetti proprietarî per mancanza di mezzi non potessero ciò praticare, fu disposto che la demolizione o puntellamento si facesse a spese del senato.
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Sismografo Palermo Torrebruna
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