L’architettura e l’antiquaria ricevettero pure in questo tempo un impulso per un mero accidente. Due architetti inglesi Guglielmo Harris e Samuele Angell viaggiavano in Sicilia nell’intento di studiare le antichità preziose di cui abbonda quest’isola, e tra le altre magnificenze osservate furon loro di maggiore ammirazione le onorande reliquie di Selinunte. Ora nell’attenta ricerca venne ad essi fatto di scoprire dei frammenti di Metope di due dei sei tempî dorici. Le figure ancorchè mancanti di qualcuna delle parti, pure rappresentavano un’epoca di scoltura quasi coeva alla fondazione della distrutta città; e quantunque il disegno e l’esecuzione fossero estremamente rozzi; nondimeno interessavano per la semplicità delle forme che sentivano dello Egizio, quando l’arte greca nella sua infanzia era tutta ingenua e semplice.
Quegli architetti diedero subito contezza del rinvenimento alle autorità, le quali provocarono dal luogotenente gli opportuni ordini, che furono di trasportarsi subito in Palermo le antichità menzionate per tenersi in luogo di deposito, e così venne fatto; e il Campofranco volle allora personalmente visitarle onde soddisfare la sua erudita curiosità. Una memoria di Pietro Pisani divulgata in quel tempo diede una maggiore interpetrazione alle scoperte antichità, delle quali venne con molta erudizione analizzando i pregi in relazione ai tempi ed alla storia dell’arte. Questa fatica del Pisani fu accolta con non poco gradimento dal pubblico, e da S.M. il re Ferdinando ancora di unita a S.A.R. il duca di Calabria, che gli esternarono la loro soddisfazione (2690).
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