I proprietarî delle patenti furono facoltati a fare in tutta l’estensione della Sicilia degli stabilimenti che riguardassero l’applicazione delle loro scoperte; potendo anche cedere il dritto acquistato a chicchesia, purchè però il nuovo proprietario si assoggettisse a tutte le condizioni ed alla responsabilità dell’autore sudetto, e facesse subito palese al luogotenente generale la cessione ottenuta. Lo inventore poi convinto d’aver celato i veri mezzi d’esecuzione, e impossibilitato a porre nello spazio d’un solo anno in attitudine la sua scoperta, decaderebbe dal privilegio accordatogli; più se costerebbe, d’aver messo in opera progetti di macchine od altro pienamente descritte in opere stampate, o introdotto una di quelle già costruite fuori del regno. Dopo però il tempo stabilito nella patente, quando non fosse questo prorogato da un secondo ordine sovrano, rendendosi pubblico il processo dell’invenzione, andrebbe esso a vantaggio della società, e si riguarderebbe come appartenente alla medesima (2696). Con queste savie ed opportune prescrizioni si vide garantita e protetta l’industria nazionale, oggetto principale della scienza economica, e sorgente inesausta di ricchezze.
In questo mentre confermavasi la esenzione pei legni dei sudditi di S.M. dal pagamento del dritto di tonnellaggio, cui andavan essi tenuti, purchè costasse d’avere una volta adempito il soddisfacimento del dritto anzidetto. L’articolo 56 della legge del 30 luglio 1818 sulla navigazione di commercio accordava nel modo indicato la esenzione accennata; ma l’articolo 76 della legge stessa prescriveva però che i bastimenti forestieri vuoti o carichi pagherebbero poscia (avendo già adempito al primo pagamento) metà del dritto di tonnellaggio in qualunque porto del regno ove approdassero, finchè tenessero un carico di generi indigeni per l’estero.
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Sicilia
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