Il secondo decreto sulla esportazione di generi nazionali conteneva l’esenzione da qualunque dazio di tutti i lavori, manifatture e produzioni di ogni natura sia vegetabile, animale o minerale. In conseguenza di che le tariffe venivano regolate come appresso:
Rimanendo abolita la tariffa delle mense pei naviganti, era solamente riscosso il dazio già preesistente sull’olio consumato nella circostanza anzidetta, non esclusi i bastimenti di real bandiera.
Il 3 per cento su i generi non preveduti, quando s’estraessero grezzi; se manifatturati, il dazio aumenterebbe al 30 per cento.
La diminuzione del 10 e ½ sullo ammontare dei dazî dovuti sopra tutte le mercanzie che s’importavano o si esportavano sopra bastimenti coverti della real bandiera.
A cagion poi della differenza dei pesi e delle misure di Napoli con quelli di Sicilia veniva fatta la seguente deduzione:
Per ogni palmo o canna siciliana bonificavasi il due per cento.
Per ogni barrile e botte il 21 per cento.
Per ogni oncia e libbra l’uno per cento.
Per ogni rotolo e cantaio l’11 per cento.
[786] Su tutti i generi perciò che nelle dogane di Sicilia venivan pesati e misurati con pesi e misure proprie, liquidandosi il dazio a norma dei dritti fissati in tariffa, fu fatta la deduzione di sopra enunciata; ben inteso che la interna circolazione dei generi indigeni e forestieri dovesse esser libera tanto per via di mare come per terra. Non s’eccettuavano però dal pagamento dei dazî di importazione quelle mercanzie estere, che esistendo come depositi nelle dogane di Napoli e di Sicilia, erano da una parte all’altra trasportate, e solo s’esentavano quelle munite del bollo delle rispettive dogane.
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