Veniva a rendersi anche libero il cabotaggio dei dominî al di qua e al di là del faro, quantunque si dovessero adempire le formalità doganali, e contribuire alle civiche imposte. Il vino solamente che s’esportava dalla Sicilia per Napoli pagava ducati 7 e grana 20 la botte.
Queste furon l’ultime determinazioni di re Ferdinando riguardo alla Sicilia. Francesco I, successo ora nel regno diedesi presto alle cure del governo, e principalmente allo assetto delle cose, le quali se non trovavansi incomposte, erano per la morte del suo augusto genitore in qualche abbandono. Ordinata ogni governativa faccenda, volle egli allontanarsi per poco tempo dalla residenza del suo reggime, e coll’augusta consorte correre rapidamente sino a Milano, da dove presto ripartì.
Suo primo provvedimento fu adunque quello di dar più stabili norme circa la bollazione delle indigene manifatture; a qual uopo pubblicò un regolamento per mezzo del quale tutti i fabbricanti delle manifatture suscettive di bollo ebbero concesso il dritto di farle apporre alle medesime per distinguerle dalle estere, e poterle quindi mettere in circolazione (2711). Quelle manifatture indigene, già riconosciute per tali, sorprese senza il bollo, riguardandosi come estere, vennero con tal caratteristica sottoposte alle misure prescritte dalle leggi in vigore. Con posteriore decreto però dei 26 maggio di quest’anno S.M. considerando che i bolli in osservanza, comechè di solo piombo, presentavano degl’inconvenienti tanto alla sicurezza della percezione per la facilità delle falsificazioni, quanto alla libertà della circolazione per l’agevolezza a poterli distaccare, venne a proibire che nelle dogane di Sicilia si facesse in avvenire uso dell’anzidetto bollo di piombo addetto alle mercanzie forestiere; ma che invece se ne adoperasse uno di rame e piombo colla leggenda del nome della dogana, e coll’impronta della trinacria.
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